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Patrick Edlinger ci ha lasciato.
Chi non ha sentito dire mai: " ho visto un tipo arrampicarsi a mani nude, senza corda, come si chiama già? " Si aveva delle difficoltà a trattenere questo nome, ma l'immagine di questo corpo flessibile in perfetta osmosi con la parete vertiginosa delle gole del Verdon resta incisa nella memoria di ciascuno, adepto della " progressione verticale" o no. Così Patrick, nell'inizio degli anni 80, ha rivelato al grande pubblico un'attività fino ad allora molto confidenziale, l’arrampicata libera, il free climbing.
Patrick Edlinger considerava la sua pratica più come un stile di vita che come una semplice disciplina sportiva. Al di là della prestazione, ha saputo tradurre dei valori interessanti, come il rispetto di una natura selvaggia e fragile, l'integrità nell'esercizio della sua attività. Ma, soprattutto, ha mostrato che questo sport generava altre finalità che l'unica concorrenza tra individui. Paradossalmente, sebbene avendo partecipato alle prime competizioni, non era un adepto di questo tipo di sfida, ma l'ha promosso divulgando involontariamente questa disciplina.
Tuttavia, il suo approccio rivestiva un carattere molto diverso.
Era un personaggio profondamente romantico, un Don Chisciotte che avrebbe realizzato il suo sogno. Il suo rifiuto del compromesso con la roccia, la sua ricerca dell'estetica estrema in sua gestuale costituivano un tipo di linea di condotta aristocratica; era un Signore nomade e solitario di cui il carisma ha sedotto gli scalatori del mondo intero.
Voglio per " solitario" un ritiro del mondo indispensabile alla concentrazione nelle sue ascensioni. Perché Patrick non era un eremita, le numerose testimonianze di amicizia che si esprimono dal suo decesso ne attestano. I dialoghi colorati che ritmano certi film di cui è stato il protagonista rivelano una personalità calorosa e comunicativa. Come Georges Livanos " Il greco", " Il Biondo" ha " méridionalisé" l’arrampicata libera, l'ha estratta del suo contesto rigorosamente alpino, sia dal punto di vista fisico che simbolico. Una sottile alchimia costituita di seduzione e di genio ha alzato Patrick alla riga di un tipo di semidio.
In sostanza, sarebbe più opportuno confrontare quest’eroe dei tempi moderni ad un artista che ad uno sportivo. La sua opera abbondante ed effimera dipende tanto da creazione coreografia che di un’impresa sportiva, l’esigenza fisica richiesta dalla danza classica non ha niente da invidiare alla preparazione di un atleta. Il culto di "gesto perfetto" esiste in altri sport, ma la differenza profonda si iscrive nell'impegno mentale perché, come lo diceva lo stesso Patrick : " di fare equilibri precari a 200 metri del suolo, ciò non ha più nulla da vedere„…
Dietro questo morale di acciaio si nascondeva appena una grande fragilità, quella stesso che gli permise di sviluppare la sua prodigiosa intuizione, sua " intelligenza della roccia", ma fu probabilmente anche alla base di un malessere più profondo, sconosciuto del grande pubblico.
Oggi, proviamo il triste sentimento di avere perso il compagno di cordata di cui abbiamo sognato tutti.